Domenica
8 gennaio, presso il Palatenda di
Largo Garibaldi, ha avuto luogo il convegno”Alla scoperta del tartufo della
Majella, dalla cerca al piatto”, organizzato dall’associazione tartufai di
Guardiagrele.
Il Presidente E.Cristini ha focalizzato il suo intervento sulla finalità
prioritaria dell’associazione: la difesa del nostro territorio con la vigilanza
continua da parte dei soci.
Ha poi evidenziato il ruolo dell’ARSSA
che, con gli studi effettuati sulle potenzialità dell’Abruzzo nel settore
tartuficolo, ci ha rivelato che la nostra regione si trova ai primi posti in
Italia: nel libro”La filiera del tartufo e la sua valorizzazione in Toscana e
Abruzzo”si ipotizza la creazione di tre strade del tartufo, tra cui la via Azzurra che parte da Lanciano, passa per Guardiagrele ed arriva fino a Quadri. Bellezze
naturali e storiche, ristoranti dove si può gustare il prezioso tubero, certificato
come “abruzzese” richiameranno quella parte del turismo che va alla riscoperta
del territorio e della buona cucina.
La difesa del tartufo abruzzese dovrà
passare necessariamente per la sua valorizzazione, visto che attualmente la nostra
produzione finisce in gran parte ad Alba.
Marta Liberatoscioli, una giovane
socia, ha poi tracciato un quadro interessante del cane da tartufo, soffermandosi
sulle varie razze impiegate nella cerca. Ha sfatato vecchie e inutili concezioni come quella di non
far mangiare il cane il giorno prima di portarlo a tartufi (cosa inutile e dannosa): il cane ricerca il
tartufo non per fame, ma per compiacere il suo padrone.
Ha
poi parlato della nutrizione dei cani e dei premi da utilizzarsi, infine dei
pericoli rappresentati dalle zecche e da malattie come la leishmaniosi.
L’intervento di Marta, non in programma, è stato
veramente interessante e ben inserito nella tematica trattata.
Gabriele De Laurentiis, rappresentante
dell’Arssa, ha iniziato tracciando un excursus, anche storico, del tartufo. Ha
messo in evidenza gli studi fatti dall’Arssa, a partire dal 2001, che ci permettono di avere un quadro
generale delle tartufaie oggi esistenti in Abruzzo, sia quelle coltivate che
quelle naturali.
Questi studi pongono la regione
Abruzzo all’avanguardia: queste conoscenze serviranno in futuro per indirizzare
i tagli dei boschi in modo da evitare la distruzione delle tartufaie esistenti
e sarà possibile fare anche interventi per la salvaguardia delle stesse.
Il De Laurentiis è stato esaustivo ed efficace e la sua
relazione è stata ampiamente supportata da proiezioni di dati ed elementi di
indagine.
La sua esposizione si è conclusa tra gli applausi dei
partecipanti.
Infine Arcangelo Tinari, figlio del più noto Peppino, proprietario del ristorante “Villa
Maiella”, ha affermato la tesi
della libertà nel campo della cucina, della creatività che mal si adatta alle
regole ed al conformismo.
Il tartufo è qualcosa di eclettico e di nuovo nella nostra cultura e può adattarsi a qualsiasi piatto, dagli antipasti al dolce.
Tinari ha
inoltre fatto i propri apprezzamenti per la nascita dell’Associazione tartufai
con la quale spera si potranno stabilire contatti duraturi di collaborazione.
Floriano Iezzi, assessore al turismo, ha portato il saluto del sindaco, impegnato
a Chieti, e ha stigmatizzato il valore del tartufo nell’ambito del turismo di Guardiagrele.
Il socio Rocco
Auriti ha presentato poi il bellissimo logo che distinguerà in futuro
l’Associazione Tartufai della Majella.
Dopo il convegno due assaggi di orecchiette della rinomata ditta Cocco
e delle tartine a base di due varietà di tartufo: l’uncinato, una
varietà del tartufo estivo dal profumo molto più accentuato, una colorazione
più scura ed un sapore senz’altro ottimo (servito dopo la cottura di un minuto
o più in una salsa con olio, aglio e scalogno con l’aggiunta di qualche filetto
di alice).
L’uncinato, conosciuto in Francia come Trouffle
de Bourgogne, ha un suo valore nell’ambito dei tartufi più pregiati.
Il
fenico (mesenterico), un tartufo da riscoprire o meglio, da scoprire, che fa
parte del nostro retroterra culturale, che fino ad oggi è stato ingiustamente
messo da parte in Abruzzo ed anche disprezzato come elemento di disturbo se
mescolato ad altri tartufi.
Si è invece scoperto, nella
tradizione napoletana, un modo per apprezzarlo e gustarlo: una cottura
prolungata (che elimina l’odore sgradevole e dona al piatto un gusto molto
particolare) con pomodoro, un trito di scalogno, aglio e filetti di alice.
Si è conclusa
così, in modo estremamente positivo, la prima manifestazione pubblica dei
Tartufai della Majella.
Il Presidente Ettore Cristini
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